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31-1-2020

 

Si, dalla tavola della mia mente

cancellerò ogni nota sciocca e trita,

le massime del libri, le impressioni, le immagini

che vi hanno registrato

gioventù ed esperienza

e il tuo comando vivrà tutto solo

nel volume del mio cervello

purgato da ogni scoria.

[Amleto, atto I, scena V]

LINK PUNTATA DI LEZIONI DI MUSICA RADIO 3

4-10-2019

 

Come rialzarsi dopo una caduta?

Come cadere?

Come imparare a cadere?

 

 

29-07-2018

 

 

Azione ho letto, è il contrario di contemplazione. In un certo senso lo è, letteralmente lo è.

Azione e contemplazione sono la conseguenza l’uno dell’altra. Dopo un’azione si può contemplare la bellezza del cambiamento. Della metamorfosi. Dipingere un’icona è compiere un’azione, e guardarla è contemplazione. Ma mentre si guarda, anche se nello spazio visibile non si muove niente, sta succedendo qualcosa. In realtà nella contemplazione l’azione c’è. Sono solo due fasi diverse di uno stesso respiro.

 

Questo lavoro è complesso e ancora più complesso è parlarne. Quando mi chiedono spiegazioni mi appare una mappa infinita di connessioni.

Amleto. nell’Amleto si parla di azione. E della creazione intrinseca all’azione. Si parla di vincoli di sangue e di libertà. Di azioni libere che accadono nonostante tutto. Di sangue che viene fuori nonostante la crosta. C’è una spada che passa attraverso una tenda e uccide un uomo. Si parla della paura di suicidarsi. Suici-darsi.

Ci sono due clown e un giullare morto del quale è rimasto soltanto il teschio. C’è un figlio che vede i fantasmi e alla fine muore. E ci sono due amici uno dei due muore e l’altro rimane in vita per raccontare la sua storia. Il comico in Amleto è interrato, è collocato qualche metro sotto terra. I due clown parlano mentre scavano una buca. Parlano da lì e parlano e pensano mentre scavano, non cercano ma scavano. E Amleto intenso lunare clown bianco si trova faccia a faccia con la morte con in mano un pezzo di teschio che un tempo era stato il giullare di corte. il suo amico e rifugio d’infanzia demoniaco. Ma alla fine Amleto muore. Ammazza tutti e muore anche lui come sansone che tira via le colonne e fa crollare tutto.

 

La nostra è una reazione a questa morte nel sonno. La nostra è una sveglia prima di morire, prima che crolli tutto. Prima del terremoto, bisogna correre e bisogna danzare. Come Philippe Petit. Come Buster Keaton.

Il mondo crolla e loro danzano. Come la banda continua a suonare nella tromba d’aria nel cartone Disney del 1936.

 

Toccare la realtà con il teatro e la danza e viceversa. È necessario ripartire dall’umano. Dalla scelta dei performer, gli amici con cui condividere il viaggio. L’impresa. Ed è necessario lavorare solo su quello. Sull’umano. Nello spazio vuoto ci sono delle persone. Come nella platea ci sono delle persone. Per ora il gioco è questo ed è chiaro.

Totò e vicè di Scaldati. I loro fantasmi sono venuti a trovarci. Le loro parole sono talmente puntiformi che rimangono come piccoli riflessi di luce nel nostro andare.

 

MA DOBBIAMO CONTINUARE COME SE NON AVESSE SENSO CHE S’APPASSISCA IL MARE 

                                                                                                                                                                                                  

                                                                                                                                                                                                  E. Pagliarani

 

La nostra reazione alla morte di Amleto è l’azione.

Slapstick. È il bastone dei burattini, quello che fa rumore ma non fa male.

Essere burattini, corpi che si mantengono in vita con le azioni. Liberi di fare quello che vogliono, tanto non sono loro a farlo!

Corpi che danzano e si dimenano in funzione del ritmo. Due strumenti musicali due farfalle che con l’ostinazione provocano un uragano.

Ma anche due anime bellissime, due bambini, due vecchi fuggiti dall’ospizio dei clown, due matti, due esseri umani che giocano e si amano. Come il finale dei due fratelli che muoiono nudi sotto la neve nel film Rams, due fratelli otto pecore. Due punk anarchici e inconsapevoli di qualsiasi regola della rappresentazione. E proprio per questo due guardiani della scena. Non sanno cos’è la scena perché essi sono la scena. Vegliano su essa, vegliano sui loro doppi più giovani e vegliano su ciascuno spettatore.

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